“Questo sito è dedicato a Marthe Blouin” (Ottawa, 1954 – 2020).

14 Gennaio 22 | Interviste

Io non finirò mai come un vegetale

Intervista alla Senatrice Emma Bonino sull’eutanasia, sull’importanza di questo diritto e le difficoltà nella sua applicazione. Nonostante le ultime sentenze della cassazione, che hanno aperto la strada a questa pratica, garantendo il diritto a chi ne ha bisogno, non si riesce comunque a rendere effettivo questo diritto a causa dell’opposizioni di medici obiettori, di fatto negando il fine vita a molti pazienti che ne vorrebbero fare uso. L’intervista è stata realizzata da Beatrice Negrotto Cambiaso, direttrice di Cosanepensate.it.

Trascrizione

Lei ha dichiarato durante un’intervista che “io mai come un vegetale piuttosto vado in Svizzera”. Perché?

Perché per ora, diciamo, in Italia non è così facile ottenere questa possibilità, nonostante le sentenze della Corte eccetera eccetera. Mi pare che il Parlamento non riesca a progredire. Da anni abbiamo presentato una proposta di iniziativa popolare ma che è sempre bloccata la Camera e quindi, oltre che spingere per avere finalmente una legge decorosa, decente e in accordo con le sentenze della Corte, se mi capitasse adesso evidentemente in Italia sarebbe troppo complicato. Peraltro, anche in situazioni molto penose, molto dolorose, e non riescono… non so, per esempio, un nostro amico delle Marche ha una ricetta – tutto quanto eccetera eccetera -, ma la Asl delle Marche dice “sì sì lui ne ha diritto ma noi non ne abbiamo l’obbligo”. Eh, ho capito. Però nel frattempo tra chi ne ha il diritto, chi non ha l’obbligo, chi non so che, poveraccio, continua una vita sotto tortura sostanzialmente. Tutti a ripetere che ha ragione. Mi fa tanto piacere ma intanto questo signore continua a vivere – si fa per dire eh – ma con dolori lancinanti, sotto tortura eccetera eccetera. Quindi, per ora non avrei scelta se il Parlamento non si sbriga, ma non mi pare che abbia questo orientamento. 

Chi è contrario usa l’espressione: “non sono d’accordo perché la vita è sacra”. Chi vuole fare questa scelta dà meno importanza alla propria vita? al valore della propria vita?

Ma saranno fatti suoi. Tanto per cominciare, il diritto a essere liberi fino alla fine non è un obbligo. Chi non lo vuole fare non lo vuole fare e ha diritto ad essere tutelato, curato, assistito. Tutto il possibile, comprese le famiglie perché normalmente le famiglie sono coinvolte in questa tragedia, e ovviamente dal punto di vista non solo nella cura ma dell’assistenza 24 ore su 24 eccetera eccetera. Quindi, chi non vuole farlo mica è un obbligo, diventa un peso per i suoi familiari e per sé stesso ma è lui che decide. Allo stesso modo io decido per me.

Ho intervistato il presidente di Exit di Svizzera francese e lui mi ha spiegato la ragione per la quale in Svizzera esiste suicidio assistito. Diciamo che, come si dice a Roma, il ragionamento non fa una piega, glielo voglio dire. Lui dice che quando è stato depenalizzato il suicidio, nel 1942 mi sembra, allora si sono posti la domanda “se non è illegale il tentativo di suicidio o il suicidio, perché dovrebbe essere illegale aiutare qualcuno a fare qualcosa che non è illegale”. Che cosa ne pensa?

Penso che ovviamente il ragionamento non fa una piega di tutta evidenza, salvo che su queste questioni o su altre, interviene sempre, come dire, un pregiudizio, un io non lo farei e quindi tu non lo devi fare. No, in uno Stato laico io non lo farei, va benissimo ma non per questo tu non lo devi fare. Però guardi, era lo stesso ragionamento sul divorzio, lo stesso sull’aborto clandestino, siamo sempre a quel punto, sempre lì siamo.

Ecco. In Svizzera, come lei ha citato, come ho detto anche in quello che lei disse in quell’intervista “esiste il suicidio assistito non è legale l’eutanasia”. Per chi non lo sapesse, in due parole, la differenza è che il suicidio assistito, qualcuno, per esempio un medico, diciamo, fornisce la sostanza ma è la persona che deve fare l’ultimo atto. L’eutanasia è l’altra persona che fa l’ultimo atto, quindi magari inietta questo questa sostanza. Allora, se basta in Svizzera il suicidio assistito, perché noi stiamo cercando di far passare attraverso un referendum una legge invece per l’eutanasia.

Per essere più chiari possibile, per non cominciare a intortigliare – è responsabilità del medico non lo è, ma magari quel signore non può farselo da solo – va benissimo anche quando si può il suicidio assistito, mica dico niente. Dico però che ci serve una legge più chiara, per esempio, nell’eventualità che il signore o signora in questione non sia in grado di farsi da solo il suicidio assistito. Questo è il punto.

C’è un pensiero – mi viene sempre quando parlo di questi temi – che se una persona, per esempio, scopre di avere una malattia grave può decidere di non curarsi e poi ricorrere alle cure palliative. Lo chiamano questa l’eutanasia passiva. E io mi dico, questo è un modo di evitare, cioè uno può scegliere di evitare di arrivare al dolore ma quelli che sono già nel dolore non hanno il diritto di uscirne? Mi pongo questa anche come domanda.

EInnanzitutto, i miei medici mi hanno ripetuto fino alla nausea che il dolore non è, come dire, necessario per la cura. Mi diceva sempre sì, all’inizio il dolore può anche aiutarci a fare una diagnosi più precisa su che cosa sta capitando a questo signore o signora eccetera eccetera. Ma una volta capito e fatta la diagnosi eccetera eccetera, non c’è più necessità che questo signore affronti montagne di dolore ogni singolo momento della nostra vita. E Veronesi me lo spiegava molto bene la terapia del dolore che, peraltro, all’epoca non c’erano e che è sempre stato un suo cavallo di battaglia e adesso si comincia a fare diciamo anche da noi. Ma mi ripeteva fino alla nausea: ricordati sempre che il dolore è una punizione del tutto non necessaria, anzi, che infliggiamo alle persone. 

Ecco, un’ultima cosa, ma qui voglio parlare del referendum come strumento. In Italia perché abbia validità ci vuole il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto, il che fa sì che i no di solito barano tra virgolette. Nel senso, invece di votare no scelgono l’astensionismo per andare a prendersi tutti quei numeri delle persone che non gliene importa nulla. Questo strumento è davvero rappresentativo del volere degli italiani e, appunto, gli italiani a cui non solo non frega niente hanno il diritto di avere questo voto virtuale?

 Eh, questo non lo so né io voglio dare voce alla coscienza di nessuno. Dico però che in condizioni estremamente difficili, d’estate, con 40 gradi eccetera eccetera, sono state raccolte sulla eutanasia un milione e 500mila firme non mi ricordo più, di cui 700 mila a mano, prima che scattasse la legge che autorizza anche la firma elettronica. 

Ma quando si arriva al momento del referendum e il 50 più 1 per cento degli italiani non sono tutti d’accordo e non si arriva al quorum, che senso ha come è successo tantissime volte?

Non è successo molte volte francamente se non quando, che ne so, sulla legge 40 il cardinale Ruini e tutta la congregazione eccetera eccetera, fecero quella campagna miserevole “sulla vita non si vota”. In realtà aveva appena votato in Parlamento, quindi sulla vita non si vota i cittadini ma i parlamentari evidentemente sì. Poi ci sono altri modi per far salire il referendum, che ne so, metterlo nell’ultima data utile dopo il 15 giugno, quando quattro milioni di famiglie sono già al mare, tanto per essere chiari. Quindi, poi c’è una leggina pro-forma in Parlamento in modo da, come dire, in qualche modo fragilizzare la richiesta referendaria. Ne abbiamo già viste di tutte e di tutti i colori. Proprio per questo, in trent’anni che parliamo di eutanasia, questo paese non è andato avanti per niente. Io ho visto una grande partecipazione dei cittadini e in particolare giovani. E ripeto, a 40 gradi quest’estate, che facevano la fila per firmare e ci hanno molto aiutato a raccoglierle, questo vuol dire che probabilmente la gente è indifferente alla politica di palazzo, ma quando li si dà l’occasione di utilizzare qualche strumento utile ai casi della propria vita, e quindi si sentano coinvolti o interessati e questo vale anche per la cannabis, per esempio, a questa politica la gente – giovani compresi – risponde con grande fervore. 

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