“Questo sito è dedicato a Marthe Blouin” (Ottawa, 1954 – 2020).

5 Luglio 22 | Editoriali

Dopo il primo schiaffo

A volte quando si parla di violenza sulle donne ci si chiede perché non si scappi al primo schiaffo. Oggi vogliamo parlare proprio di questo, di quel meccanismo, perverso, che non ci fa lasciare chi amiamo anche se ci ferisce, che sia fisicamente o psicologicamente. Una situazione che vivono migliaia di persone e da cui è sempre più difficile uscire.

Trascrizione

Quando si parla di violenza sulle donne, chi non l’ha subita dice “Perché non se ne vanno dopo il primo schiaffo o dopo le prime botte che subiscono?” Perché c’è un meccanismo perverso. È un meccanismo che non funziona soltanto quando si parla di violenza fisica, bensì, è un meccanismo che può succedere in altre situazioni anche senza la cattiveria dall’altra parte, può succedere con un genitore, un amico o una persona cara. Qual è questo meccanismo? Uno identifica una persona che ama e dalla quale vuole essere amata, quando allora arrivano dei messaggi positivi uno si sente felice, poi arrivano dei messaggi negativi e allora tutto a un tratto c’è un crollo, c’è un senso di insicurezza. Poi, però, ritornano i momenti felici e quindi torna la gratificazione nonché la speranza che quella sia la realtà. Quindi è una continua salita e discesa. C’è chi dice che in alcuni casi gli aspetti negativi, che arrivano dall’altra parte, non siano reali, nel senso che magari sono mezze parole che però portano l’altro a crollare. Quindi, considerando anche l’insicurezza, c’è tutto un insieme di cose che portano ad una elevata difficoltà nel capire qual è la realtà. Però, diciamo che il meccanismo è questo ed è difficilissimo uscirne perché c’è anche una grande confusione. Non solo, c’è questo sentimento sincero che è forte, forse anche esagerato, ma quando uno prova un sentimento per una persona è una sensazione talmente bella che uno farebbe di tutto per averla. Io ho una amica che mi ha raccontato che aveva un rapporto con la propria madre che è durato una vita, e mi ha raccontato che un giorno, quando già era adulta, una persona le ha fatto capire questo concetto importantissimo: “Tua madre non ti amerà mai come tu vorresti essere amata”. Questa consapevolezza fa male, una persona deve accettare ma è un percorso molto difficile. Quindi, questo editoriale che ho registrato oggi ve lo lancio perché credo che sia qualcosa che abbiate vissuto in tanti. Dunque, io chiedo a chi lo ha vissuto e lo ha superato, di raccontarci come è riuscito a farlo, per aiutare quelle persone che sono dentro che magari non se ne sono accorte prima, e che quindi, riescono a trovare gli strumenti per uscirne serenamente. E adesso le domande per voi.

Le domande per voi

Domande

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