♀, ♂, L.G.B.T.Q. +: Neutro maschile?
Trascrizione
Io ho fatto scuola francese e l’università a Ottawa, che, dato che si trovava alla frontiera con il Quebec, il Canada francofono, proponeva corsi in entrambe le lingue, e io ho fatto un mix. In quel periodo mi sono confrontata, per la prima volta, con il femminismo un po’ più radicale. Parto da queste due lingue per proporvi qualche riflessione.
Intanto il francese: come l’italiano, oltre che il plurale e il singolare, ha le desinenze femminile e maschile. E, come da noi, il maschile viene usato per la forma neutra. Bene, le associazioni femministe dell’università, in ogni loro articolo, avevano deciso di usare invece il femminile. Lo trovavo molto divertente, ma, diciamo, non è una battaglia che mi interessa. Il neutro maschile non mi fa sentire meno donna.
In inglese un’altro esempio, vi racconto un aneddoto. Ovviamente, tra i vari corsi, ho seguito tutti quelli di giornalismo televisivo. Andavamo con la mia migliore amica a fare servizi, interviste. Poi dovevamo riportare in classe le trascrizioni di questi servizi. Sui fogli scrivevamo: “Giornalista, Beatrice Negrotto Cambiaso. Cameraman, Katia Monla”. Ogni volta, davvero ogni singola volta, la nostra professoressa (era diventato uno scherzo tra noi) cancellava “cameraman” e scriveva “camerawoman”. Anche questa una battaglia che trovavo poco utile, anche se divertente.
Questa mattina sento una parola strana: SHWA. Ma cos’è? Ho scoperto che si tratta di un suono, rappresentato con questa lettera: “ǝ”. E’ un suono molto comune nella lingua inglese. Una specie di “e” neutra, una via di mezzo tra la “o” e la “a”.
Perché si parla della Shwa? Perché, per alcuni, potrebbe essere una soluzione al problema del maschile come lingua neutra. Oggi, tra l’altro non è solo una questione maschile/femminile, ma pensiamo al mondo LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender), che è già diventato anche Q (queer) e si è aggiunto un + per tutte le altre opzioni.
Chi mi segue, sa che io faccio battaglie per i diritti di tutti di essere chi vogliono essere e definirsi come vogliono. Solo che tra un po’ si rischia di ritrovarci a conoscere una persona nuova e dire: “Ciao, mi chiamo Beatrice. Tu come ti chiami? Qual’è la tua desinenza…?” con il rischio di scordarsela, come succede spessissimo con i nomi.
Allora mi domando se lo Shwa, questo simboletto “ǝ”, non potrebbe effettivamente essere una buona idea…